28 marzo 2013

Perché il commercio online in Italia ha il freno a mano tirato

Passo la maggior parte delle mie giornate su internet, tra le email pubblicitarie che cercano di venderti di tutto, eBay (che uso anche per vendere oggetti di cui voglio disfarmi), Amazon, etc.

Sono anni che compro e vendo su internet, e ho ho avuto modo di farlo anche in USA (stando in USA).
Mi affascina che ci siano certe rivoluzioni e certi trend che accomunano tutto il mondo del commercio, ma purtroppo dopo tanti anni ancora noto che l'Italia resta indietro. Eppure ci sarebbero tutti gli strumenti per fare decollare il commercio online italiano. Invece resta ancorato a logiche obsolete, e l'esperienza di acquisto del cliente resta travagliata, sia nei negozi fisici che sulla rete.

Nei negozi tradizionali, le cose che frenano l'acquisto sono:
1) impreparazione e scarsa professionalità dei commessi. Quante volte vi è capitato di andare a cercare un prodotto, chiedere consiglio al commesso, e questo vi ha liquidato con una frettolosa spiegazione? Oppure quante volte vi siete resi conto che il commesso ne sapeva molto meno di voi, che avevate fatto qualche ricerca su internet e vi eravate consultati con qualche amico?
2) politica dei resi limitata. In Italia non c'è l'obbligo di rimborsare l'acquirente che non è soddisfatto di un acquisto. Pertanto i negozi, oltre a obbligarvi a rendere il prodotto in tempi molto stretti (a volte anche solo una settimana, e il negozio magari è aperto con orari preistorici e chiuso la domenica), vi fanno interagire con dei commessi molto sospettosi dei resi. Quando devo rendere un oggetto, mi preparo ad andare in trincea. Ricerco possibili pregi e vantaggi di altri prodotti, mi informo per sapere se nel punto vendita trattano lo specifico articolo, preparo un'arringa e un botta risposta con il commesso di turno che mi squadrerà da capo a piedi per capire se sto cercando di fregarlo. Insomma, parto da condannato e vado a proclamare la mia innocenza.
3) orari di apertura scomodi. Una volta, quando ero bambina, era normale per un negozio aprire alle 9 e chiudere alle 12.30, per poi riaprire alle 15.30 e chiudere alle 19.30. Come i dipendenti del negozio occupassero tre ore di pausa pranzo è rimasto ignoto. Di certo non aiuta quei poveretti che vengono da lontano e che in tre ore non possono tornare a casa e tornare in negozio (o almeno non gli converrebbe, con quel che costa la benzina!). Adesso però gli orari di lavoro sono sempre più tirati, le cose da fare si accumulano, e riuscire a conciliare il tutto con questi orari è quasi un secondo lavoro.
4) difficoltà di reperire le informazioni in anticipo. I siti web dei negozi al dettaglio (parlo di grandi catene) spesso sono risicati. Elencano qualche prodotto trattato, ma andando in negozio ne trovate degli altri, oppure scoprite che non ci sono tutti gli articoli he avevate visto sul sito. Magari avete una domanda, e vi costringono a telefonare al servizio clienti che osserva gli stessi orari del negozio, magari chiamando pure un numero a pagamento (i famosi 199). Insomma, dovete pagare anche solo per esplorare delle opzioni. Ancora prima di acquistare un articolo, dovete spendere soldi per sapere se lo troverete.
5) scarsa comunicazione. Questo punto si ricollega al precedente: le informazioni che volete, che magari interessano anche altre centinaia di acquirenti come voi, sembrano essere custodite dai negozi come il Santo Graal. Anziché scrivere il più possibile sul loro sito per prevenire un fiume di domande dai potenzial acquirenti, i negozi vi spingono alla ricerca del contatto diretto. Quanti negozi offrono un servizio di risposta tramite e-mail? E quei pochi che lo fanno, in quanti vi danno una risposta entro 24 ore? Secondo me i negozianti sono convinti che se possono parlarvi direttamente, vi persuaderanno all'acquisto. E' una logica che poteva avere senso con i piccoli negozi indipendenti dove tutto si fondava sul rapporto venditore-acquirente, la loro storia e familiarità. Non si può applicare a una catena di elettronica di consumo, dove ogni volta il cliente si trova davanti un commesso diverso.

Nei negozi online, in parte i problemi sono gli stessi che nei negozi fisici, tra cui la difficoltà di reperire le informazioni in anticipo e la scarsa comunicazione.
Un capitolo a parte vogliono le spese di spedizione e i resi, che in Italia sono il maggiore scoglio all'acquisto online. Le spese di spedizione sono sempre ben nascoste, e poi variano da articolo ad articolo. Alcuni siti le rendono note solo dopo che l'utente si è registrato e ha fornito i propri dati personali, acconsentendo a ricevere pubblicità. Anche qui, non vi hanno chiesto soldi ma un bene (i vostri dati) e quindi è come se aveste dovuto dare qualcosa solo per spulciare le varie opzioni a vostra disposizione. E' antipatico.

Senza contare che molto spesso le spese di spedizione in caso di reso sono a carico dell'acquirente, per cui un errore può togliere la convenienza all'acquisto online. Senza contare che in Italia le tariffe postali sono esagerate, continuano a crescere ma i servizi sono sempre gli stessi.

Un altro problema dei negozi online, è che spesso hanno tempi di gestione degli ordini che sono superiori ai negozi fisici. Quello è il loro tallone di Achille, è lì che partono svantaggiati rispetto al negozio fisico, e anziché farne il loro punto di forza, si abbandonano al lassismo e ci mettono 3-5 giorni solo a processare il tuo ordine. E poi viene la spedizione (che in Italia è solo dal lunedì al venerdì). Non è difficile dovere attendere una settimana dal momento dell'ordine a quello di ricezione della merce. Quante volte ve lo potete permettere? Forse l'utente privato, più attento al risparmio, acquista prodotti non necessari e quindi è disposto ad aspettare. Ma affinché il commercio online decolli, deve diventare appetibile anche al mondo dei professionisti e delle aziende, altrimenti resterà confinato al ruolo di bazaar per utenti intrepidi e dotati di estrema pazienza.



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